Campagne Bonifacienne Pierre Seche Nature BonifacioCampagne Bonifacienne Pierre Seche Nature Bonifacio
©Campagne Bonifacienne Pierre Seche Nature Bonifacio
Paesaggi atipiciPietra a secco, sentieri genovesi e baracun popolano la campagna

Paesaggi rurali: scoprite la campagna di Bonifacia

Si tende ad associare spontaneamente Bonifacio alle sue spiagge e calette da sogno. Un’idea perfettamente logica, ma che si affaccia sulla campagna bonifaciana, ricca di persone che l’hanno plasmata nel corso dei secoli. Affacciata su una costa calcarea, rivela tesori dimenticati che hanno permesso agli abitanti di vivere e sopravvivere in tempi difficili. È anche un patrimonio che risale all’epoca genovese, con sentieri che vi riporteranno a un passato lontano o più recente. Da non perdere!

Conoscere la campagna

Se avete trascorso anche solo un’ora in giro per la città alta, avrete notato che gli edifici sono vecchi di secoli. Immaginate quindi che gli abitanti di Bonifacio di allora fossero circondati da un ambiente naturale lussureggiante, a volte accogliente, a volte difficile da gestire quotidianamente. Così gli abitanti di Bonifacio cercarono di domarlo, di sfruttare al meglio ciò che aveva da offrire. Hanno piantato giardini, costruito sentieri, muretti e ripari. I paesaggi rurali di Bonifacio raccontano la storia dei contadini che hanno plasmato la città e il suo stile di vita.

Percorsi che raccontano la storia

Se volete scoprire la vita rurale di Bonifacio, il posto migliore è il Piali, la parte del comune che si estende oltre il paese verso la Testa Ventilègne, attraverso una fitta vegetazione punteggiata di piccoli sentieri. Alcuni di questi sono stati tracciati già nel Medioevo e sono facilmente riconoscibili perché realizzati in pietra. Si tratta di passeggiate senza tempo, che permettono di conoscere la campagna nel suo insieme e di capire come era organizzata dai contadini che la percorrevano ogni giorno: raramente dormivano fuori dal paese, per paura di incontrare persone sbagliate.

Il punto di vista più bello

Questa opinione è del tutto soggettiva e può essere certamente contraddetta: per avere un’idea complessiva di Piali, il punto di vista migliore è senza dubbio quello da La Trinité. Dalle enormi rocce di fronte all’eremo, si può vedere tutta la campagna e la città in lontananza. Una vista magica.

Le pietre creano il baracun

Il patrimonio rurale comprende alcuni edifici notevoli. I baracun sono rifugi disabitati, situati principalmente sull’altopiano granitico di Bonifacio. La maggior parte risale al XVIII o XIX secolo, anche se alcuni sono più antichi. Queste strane capanne in pietra a secco, piuttosto rustiche e con un arredamento piuttosto elementare, venivano utilizzate principalmente come capannoni in cui gli abitanti di Bonifacio riponevano i loro attrezzi. A volte i Pialinchi, che lavoravano nei campi, le usavano come dispense o per riposare quando erano troppo stanchi.

La loro costruzione è piuttosto notevole, in quanto i baracun sono realizzati esclusivamente in pietra a secco: non viene utilizzato cemento o malta per consolidare le strutture. Solo le pietre, disposte in modo molto preciso, garantiscono la solidità del rifugio e la sua resistenza al passare del tempo. Alcuni baracun hanno una scala esterna, altri una panca circolare interna. Alcuni sono decorati con la data di costruzione sull’architrave all’ingresso o sotto una lastra che copre la parte superiore del tetto. Osservateli con attenzione: è facile immaginare come venivano utilizzati due o tre secoli fa.

Antenati ingegnosi

La storia agro-pastorale di Bonifacio è ricca di molti edifici, ma vanta anche un’architettura strutturante, quella dei tramizi, questi muri perimetrali che possono essere alti fino a quattro metri e larghi tre, sempre in pietra a secco e costruiti ad arco per meglio resistere ai venti che a Bonifacio soffiano 300 giorni all’anno. Vengono utilizzati anche per riparare gli alberi, in particolare gli ulivi, dai venti più forti.

Per sfruttare al meglio i pendii della campagna, i Pialinchi hanno costruito terrazze in pietra a secco, dette scarpi. Al riparo di queste terrazze sono stati piantati gli ulivi e, per raggiungerle ancora più facilmente, a volte sono stati aggiunti dei gradini: gli scarpi possono essere alti due o tre metri, larghi altrettanto e alti tre o quattro file. È sufficiente per affaticare i polpacci.

Tra vigneti e uliveti

Una lunga tradizione agricola

Come forse saprete, Bonifacio ha una lunga storia di produzione di olio d’oliva e i suoi viticoltori sono ancora oggi rinomati. Lavorano in un terreno dove non ci si aspetterebbe di vedere crescere l’uva, eppure il calcare conferisce ai frutti un sapore unico. La tradizione risale a molto tempo fa, probabilmente ben prima del XVIII secolo: alcuni pigiatori d’uva, detti trogi in bonifaciano, potrebbero risalire al periodo pisano, intorno al X e XI secolo. Un’eternità!

Alcune decine di questi trogi sono sparsi nella campagna bonifaciana. Si stima che in tutto siano tra i duecento e i trecento. È un ottimo modo per ripassare le lezioni di matematica dei ragazzi, contando man mano…

I trogis hanno due scomparti quadrati. Di solito sono aperti verso il cielo, anche se alcune case di riempimento sono state coperte con una volta, o addirittura con un tetto arrotondato, che le fa assomigliare a dei baracconi.

Lo sapevate?

In campagna, le sorgenti non erano sempre così numerose o facilmente accessibili. Il “borgo” di Baracun de Casila aveva un pozzo per il bestiame, chiamato rivilin o cella in bonifaciano. Oggi ne rimangono pochissimi, essendo stati distrutti dagli animali nel corso degli anni.

Un'immensa ricchezza

Il modo più semplice per scoprire il paesaggio rurale di Bonifacia è percorrere il sentiero che porta alla cala Fazziò: Si potranno scorgere la maggior parte degli edifici che costituiscono il patrimonio rurale del comune, che raccontano la storia della vita degli abitanti, arricchita dalla loro capacità di domare queste pietre, questi pendii, questi alberi… È un tuffo indietro nel tempo di due o tre secoli quello che vi proponiamo, un momento che piacerà a grandi e piccini, dando libero sfogo all’immaginazione per riscoprire la vita dei contadini di Bonifacio.

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